COMUNICATO STAMPA  22/10/2021

Segretario Generale Harry TsT Tallarita

Sovranità condivisa, la sfida della Confederazione

Per una stabilità territoriale

 

Non è più pensabile rimanere agganciati ad una Sovranità condivisa di un territorio, sia in termini di sviluppo culturale che economico e sociale come concepita nel passato.

Vista l’esperienza di questi anni di una Sovranità condivisa, sia in ambito sociale, culturale, come concepita nel passato, bisogna ricercare e proporre una nuova modalità di sovranità al fine di scongiurare una serie di focolai incontrollabili a discapito di ogni singolo popolo.

Ricostruire pertanto una sovranità condivisa con nuove regole è un atto dovuto in quanto ciò che fino ad oggi è stato fatto, si è basato su un sistema apparentemente democratico, forse liberale e multilivello, ambizioso su molti aspetti ma dopo essere stato concepito e testato in questi ultimi decenni da grandi Federazioni, ancora oggi stenta a dare i suoi frutti, anzi.

È proprio in seno a tali idee che si stanno rafforzando ideologie di sovranità statali o addirittura assolute e questo potrebbe essere un gioco pericoloso per tutta la società umana.

Quando si propone una sovranità condivisa a livello globale ma questa stenta a generare risultati è scontato che si rafforzi l’idea di una sovranità statale e che gruppi dormienti o comunità vedano proprio in questo meccanismo un pericolo fondato alla propria identità, portandoli di fatto a rivendicare a loro volta e con parimenti forza e determinazione, la propria sovranità. Rivendicazioni spesso disorganizzate o a volta estremistiche e quindi pericolose.

Basti guardare all’Unione europea dove ancora oggi, seppur nata con l’ideologia federativa al fine di creare una sovranità condivisa del territorio europeo, con l’intento di frammentare il monopolio statale della sovranità per meglio spostarsi verso un sistema democratico multi-livello; ancora oggi i cittadini restano e sono ad oggi cittadini di uno Stato e non diretti cittadini Europei. Di fatto non esistono neppure specifici diritti e doveri europei di cittadinanza “europea” indipendenti dalla cittadinanza nazionale.

Questo dovrebbe far riflettere sul progetto in se stesso, forse visionario a tal punto da non essere mai realizzabile.

In questo panorama viene quindi da chiedersi se sia il caso di riscoprire i valori profondi della multiculturalità e dei valori profondi dell’integrazione dei popoli, del riconoscimento dei popoli stessi quali risorse culturali, sociali ed economiche.

Forse considerare uno scenario dove vi sia attenzione e supporto all’autodeterminazione dei popoli, in modo da permettere una coesione maggiore fondato sul rispetto e sui diritti umani, dando luogo a una economia solida, più forte e condivisa.

E’ questa la sfida che oggi porta la Confederazione sul panorama internazionale: Il riconoscimento delle popolazioni minori aiutandole in un percorso democratico basato sul rispetto dell’essere umano come singola entità con diritti, doveri e responsabilità dirette e nel contempo consapevole di essere parte integrante di un collettivo. Stimolare con forza le grandi federazioni statali ad incentivare e sostenere l’autodeterminazione dei popoli, allargare “realmente” il dialogo in tavoli di lavoro condivisi è quindi la miglior risposta ad una crisi sociale, culturale ed economica.

Pensare che la propria forza economica, frutto di una politica conservazionista a discapito delle innumerevoli forze intellettive, sociali e quindi dei tanti attori che potrebbero recitare da cooprotagonisti, è inevitabilmente la cronaca di una morte annunciata.

I tempi impongo rimedi alternativi ed è fondamentale testarne i potenziali benefici.