Nei primi quattro mesi del 2021 almeno 500 persone hanno perso la vita cercando di compiere la pericolosa traversata in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle 150 dello stesso periodo del 2020: un aumento di oltre il 200 per cento. Questa tragica perdita di vite umane, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), sottolinea ancora una volta la necessità di ristabilire un sistema di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale coordinato dagli stati.

Le responsabilità dei governi sulla sorte dei migranti 

Ma spesso sono proprio i governi, secondo una inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, i primi responsabili delle tragedie che avvengono non solo nel Mediterraneo, ma lungo tutti i confini dell’Unione Europea: dal Mediterraneo centrale alle coste della Spagna, dalla Grecia risalendo via terra fino alla Croazia lungo la rotta balcanica, sarebbero almeno duemila i migranti morti a causa dei respingimenti illegali effettuati sistematicamente dai paesi ai confini dell’Unione europea, anche con il supporto dell’agenzia europea Frontex, per motivi che vanno dalla violenza nel respingimento alla mancanza di soccorso in mare, passando per la brutalità nelle condizioni di detenzione.

L’Europa, d’altra parte, è interessata dai flussi migratori ormai non solo sul versante Mediterraneo, ma anche sul suo confine orientale. Ma la vera conferma è che le politiche di primo soccorso non sono ancora sufficienti, e talvolta vengono anche volutamente ignorate. È del 22 aprile la notizia, eclatante, del naufragio di un barcone con almeno 170 persone, con il rimpallo di responsabilità tra autorità italiane e libiche e le accuse della ong Ocean Viking sui mancati soccorsi.

Solamente lo scorso sabato 1 maggio, inoltre, sono sbarcate in Italia altre circa 1.500 persone soccorse dalla Guardia costiera italiana e dalla Guardia di finanza o da ong internazionali nel Mediterraneo centrale. “La maggior parte delle persone arrivate è partita dalla Libia a bordo di imbarcazioni fragili e non sicure e ha lanciato ripetute richieste di soccorso”, racconta Carlotta Sami, portavoce di Unhcr. Questa volta, fortunatamente, gli sos hanno ricevuto risposta.

In Italia sbarcate oltre 10mila persone nel 2021

Mentre gli arrivi totali in Europa sono in calo dal 2015, aggiunge Sami, gli ultimi sbarchi portano il numero di sbarchi in Italia nel 2021 a oltre 10.400: un dato in aumento di oltre il 170 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020.

Secondo il Guardian, spesso sono proprio gli Stati membri a osteggiare soccorsi e richieste di accoglienza, attraverso la pratica dei respingimenti. Solamente negli ultimi 15 mesi di pandemia, spiega il quotidiano britannico basandosi su rapporti ufficiali di diverse agenzie Onu, almeno 40mila potenziali richiedenti asilo sono stati respinti: o intercettati sui barconi dalla Guardia costiera libica e rispediti nei centri di detenzione locali, oppure dalla polizia di frontiera greca, croata, slovena e perfino italiana (ufficialmente fino a dicembre 2020). Ciò una volta entrati in territorio europeo, dunque in contrasto con il regolamento di Dublino, approvato dall’Unione europea nel 1990, che prevede la possibilità per il migrante di inoltrare domanda di protezione umanitaria nel primo paese di arrivo.

La cosa più grave è che alla fine duemila di loro alla fine sono morti, anche a causa dei respingimenti violenti. Come accaduto in Croazia o in Bosnia (ma quest’ultima non fa parte dell’Unione europea), in particolare, secondo l’ultimo report di Border Violence Monitoring, un network di ong operanti tra i due paesi, dove i casi sono aumentati del 10 per cento tra il 2020 e il 2019.