Negli ultimi mesi il ghiacciaio Muldrow, in Alaska, si è mosso fino a 100 volte la sua velocità normale. Il ghiacciaio, che è lungo 62 chilometri, ha origine sul versante nordorientale del monte più alto del Nord America, il monte Denali, e scorre verso il fiume McKinley. Il Muldrow rappresentava il percorso utilizzato dai primi scalatori che, nel secondo decennio del Novecento, salivano sul Denali. Ancora oggi, alcuni scelgono di scalare la montagna dal Muldrow. Ma secondo Chad Hults, un geologo dell’Alaska che lavora per il parco nazionale, il percorso a breve potrebbe essere impraticabile per questa stagione.

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Uno scalatore sul monte McKinley, nel parco nazionale di Denali © Mike Powell/Getty Images

L’avvistamento

All’inizio di marzo, Chris Palm, pilota di uno degli aerei che sorvolano regolarmente il ghiacciaio, aveva notato un gran numero di nuovi crepacci e alterazioni sulle morene laterali, le aree di detriti rocciosi che si accumulano ai bordi dei ghiacciai, tanto che sembravano “lacerati”, ha detto Palm al New York Times.

Secondo il quotidiano americano, il pilota ha scattato delle fotografie che sono state rapidamente condivise con i ricercatori del National park service che, per anni, hanno studiato il ghiacciaio. I dati satellitari hanno presto confermato che il ghiaccio si sta muovendo molto più velocemente della media degli ultimi decenni. In termini tecnici, questo fenomeno prende il nome di surge glaciale.

Cos’è un surge glaciale e perché accade

I surge si verificano su circa l’1 per cento dei ghiacciai di tutto il mondo e su un unico ghiacciaio possono passare anche decenni tra un surge e l’altro. Durante un surge, un periodo solitamente seguito da una fase di “quiescenza”, il ghiacciaio avanza. L’ultimo surge del Muldrow risale al 1956-57, quando il ghiacciaio è avanzato di oltre sei chilometri. Secondo i ricercatori, accadrebbe circa ogni 50 anni. Per questo si aspettavano che sarebbe accaduto di nuovo nel caso del Muldrow. L’acqua di disgelo che viene intrappolata alla base del ghiacciaio da sedimenti o altri detriti rocciosi, chiamati till, può costituire, in parte, ciò che innesca un surge, ha detto Martin Truffer, un glaciologo dell’Università di Alaska Fairbanks. Ad un certo punto la pressione dell’acqua diventa così alta che l’attrito tra il ghiaccio e il bedrock si riduce, e il ghiacciaio prende velocità. Con il surge, il rischio di inondazione lungo il fiume McKinley e oltre l’estremità del Muldrow è alto. Per questo gli scalatori e i turisti che vorranno visitare il ghiacciaio quest’estate sono invitati a procedere con la massima cautela poiché durante un surge il ghiaccio è molto instabile. Gli scienziati ancora non hanno una comprensione completa del fenomeno, in particolare per quanto riguarda le cause. È complesso anche valutare come i cambiamenti climatici, che stanno rapidamente fondendo i ghiacciai in Alaska come altrove, influiscano su questi eventi.

Surge glaciale e cambiamenti climatici

Gli esperti hanno detto che questo particolare surge del Muldrow probabilmente non è collegato in modo diretta al riscaldamento globale. Ma secondo Mark Fahnestock, un glaciologo dell’Università di Alaska Fairbanks, anche se sono poche le ricerche sui surge glaciali, i cambiamenti climatici hanno un impatto chiaro su questi fenomeni. Secondo Fahnestock, il ghiaccio continuerà ad aumentare sulle cime dei ghiacciai, ma le sezioni più basse diventeranno sempre più calde, cosa che farà saltare il bilancio di massa complessivo. “Ci saranno degli effetti, specialmente in Alaska perché la perdita di massa è così alta”, ha detto Fahnestock.

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Immagini satellite che mostrano il ritiro del ghiacciaio di Bering in Alaska ©USGS via Getty Images

Un altro pericolo per i ghiacciai dell’Alaska

Il crollo dei ghiacciai in Alaska costituisce un ulteriore pericolo. Secondo lo studio di un gruppo internazionale di scienziati del Canada, della Germania e degli Stati Uniti, il ghiacciaio Barry, situato 100 chilometri a est di Anchorage, potrebbe crollare entro i prossimi 20 anni. Un crollo porterebbe milioni di tonnellate di ghiaccio a schiantarsi nell’Harriman Fiord, il che potrebbe causare uno tsunami alto più di 30 metri, dice lo studio. I ricercatori stanno lavorando con i governi e le comunità locali per ridurre il pericolo nelle zone a rischio attraverso attività di monitoraggio, identificazione dei luoghi più a rischio e amplificazione dei dati sul campo e via satellite.