L’Europa è ancora il posto più sicuro al mondo per i giornalisti e il luogo dove la libertà di stampa è più garantita? Probabilmente sì, “ma le pressioni e le censure stanno aumentando, e con esse i rischi. Il quadro è preoccupante”. A lanciare l’allarme, sulle pagine del Guardian, è Pavol Szalai, responsabile del distretto della penisola balcanica di Reporter senza frontiere.

L’associazione – che si batte per la tutela della libertà di stampa e dell’incolumità dei giornalisti di tutto il mondo – ha reagito così all’agguato mortale di cui è stato vittima lo scorso 9 aprile ad Atene Georgios Karaivaz, giornalista greco di cronaca nera ucciso con 12 colpi di pistola in pieno giorno, vicino alla sua casa. Karavaiz stava lavorando a un importante caso di pedofilia.

Casi in aumento nella culla della democrazia 

Karavaiz è ufficialmente il sesto giornalista ucciso in tutto il mondo nei primi tre mesi e mezzo del 2021, secondo il barometro di Reporter senza frontiere. Gli altri omicidi sono avvenuti in luoghi come Bangladesh (due casi), Afghanistan, Libano, Somalia: paesi decisamente indietro nei ranking della libertà di stampa. E altri quattro operatori media non giornalisti sono morti in Afghanistan (tre) e Cina.

Il giornalista greco Giorgios Karaivaz è stato ucciso con 12 colpi di pistola © Ansa/ Orestis Panagiotou

Il caso di Karaivaz, tuttavia, non è isolato nel mondo democratico Occidentale: nel 2017 fece molto scalpore la morte della  giornalista investigativa Daphne Caruana Galizia, uccisa da un’autobomba a Malta. Sette uomini d’affari sono sotto inchiesta, alcuni rei confessi, per la sua morte, legata alle sue inchieste sui rapporti tra politica locale e criminalità organizzata.

Nel 2018, i corpi del giornalista slovacco Ján Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kušnírová, furono ritrovati privi di vita, uccisi a colpi d’arma da fuoco, fuori dalla loro casa. Kuciak indagava presunte frodi fiscali di potenti uomini d’affari e politici slovacchi, e l’unico condannato in primo grado ha presentato ricorso in appello. Nell’aprile 2019, la giornalista e attivista ventinovenne Lyra McKee fu uccisa a colpi di arma da fuoco mentre copriva le rivolte dei dissidenti repubblicani di Derry, nell’Irlanda del Nord: un manifestante è stato accusato per l’omicidio.

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Un volantino in ricordo di Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese uccisa nel 2017 © Joanna Demarco/Getty Images

Censure, intolleranza, minacce: il lavoro dei giornalisti sempre più difficile

È anche per via di questi precedenti che, all’indomani della morte di Karaivaz, Reporter senza frontiere ha chiesto ufficialmente alla polizia greca “di usare tutte le misure possibili per identificare gli esecutori e i mandanti al più presto possibile”. Perché se venisse confermato un nesso tra l’agguato e l’inchiesta che conduceva, “un nuovo omicidio di un giornalista sul suolo europeo avrebbe un impatto considerevole”.

Senza arrivare a conseguenze estreme come quelle verificatesi a Malta, in Slovacchia, in Grecia e in Irlanda del Nord, Reporter senza frontiere avvisa comunque che anche nell’Europa occidentale, culla della democrazia, si registrano sempre più episodi di censura o intolleranza verso la stampa. Anche in paesi come Germania, Francia e Spagna, dove si sono verificate violenze contro giornalisti in occasione di manifestazioni di piazza, da parte di forze dell’ordine o gruppi di manifestanti.

Ma l’associazione parla soprattutto di un forte aumento di  minacce online, nonché casi di sorveglianza da parte delle istituzioni: in Italia, è di questi giorni la notizia delle intercettazioni telefoniche cui sono stati sottoposti per circa 4 anni alcuni giornalisti, non indagati, che si occupavano per lavoro dei flussi migratori del Mediterraneo.