L’Italia rimarrà divisa in regioni arancioni e in regioni rosse almeno per un altro mese. Il nuovo decreto varato dal Consiglio dei ministri contenente le misure per limitare la diffusione dell’epidemia di Covid-19, che sarà valido dal 7 al 30 aprile, comprende qualche conferma (come quella delle fasce di rischio su base regionale) e diverse novità, intervenendo in modo particolare su tre ambiti:

  • l’applicazione delle misure delle zone arancioni anche alle regioni che, per intensità del contagio, afferirebbero alla fascia gialla;
  • la riapertura parziale delle scuole su tutto il territorio nazionale;
  • l’introduzione di uno “scudo” penale e di un obbligo vaccinale per gli operatori sanitari.

Eliminate temporaneamente le zone gialle

Dal 7 al 30 aprile l’Italia rimarrà divisa in zone arancioni e in zone rosse. In questo periodo, spiega il decreto, “nelle regioni e province autonome i cui territori si collocano in zona gialla si applicano le misure stabilite per la zona arancione” come nelle ultime settimane. Con un piccolo spiraglio per le regioni più virtuose: infatti “in ragione dell’andamento dell’epidemia, nonché dello stato di attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini, sono possibili però determinazioni in deroga“. Se una regione avrà tassi di contagio particolarmente bassi, dunque, potrebbe vedersi riconosciuto un allentamento delle regole.

Per le zone arancioni, e quelle gialle che lo diventano automaticamente, rimangono dunque in vigore le limitazioni attuali: è consentito, all’interno dello stesso comune, lo spostamento verso una sola abitazione privata, una volta al giorno, fra le ore 5 e le ore 22, e nei limiti di due persone oltre a quelle già conviventi, esclusi i minori di 14 anni. In zona rossa invece questo spostamento non sarà possibile.

Con il nuovo decreto riaprono le scuole in tutta Italia

Piano di rilancio
Riaprono le scuole, anche in zona rossa © Mario Tama/Getty Images

Cambiano però le norme sulla scuola: dal giorno dopo Pasquetta a fine mese infatti è assicurato in presenza sull’intero territorio nazionale, indipendentemente dalle fasce di colore, “lo svolgimento dei servizi educativi per l’infanzia e dell’attività scolastica e didattica della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e del primo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado”, ovvero fino alla prima media. E la disposizione non può essere derogata da provvedimenti dei Presidenti delle Regioni. Nello specifico:

  • nella zona rossa, le lezioni delle classi oltre la prima media si svolgono esclusivamente in modalità a distanza;
  • nelle zone gialla e arancione anche seconda e terza media saranno integralmente in presenza, mentre nelle scuole secondarie di secondo grado dovrà essere garantita l’attività didattica in presenza ad almeno il 50 per cento, e fino a un massimo del 75 per cento.

Le norme per gli operatori sanitari 

Per quanto riguarda coloro che praticano i vaccini, da una parte ottengono uno “scudo” penale, ovvero non saranno perseguibili in caso di reazioni avverse gravi o fatali “quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione”.

D’altra parte gli operatori sanitari saranno obbligati a vaccinarsi a loro volta, e tra loro anche i farmacisti, pena anche demansionamento o sospensione: il decreto recita infatti che l’inosservanza dell’obbligo vaccinale infatti “determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2: il datore di lavoro può adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, non è dovuta la retribuzione”. La sospensione rimarrà valida fino all’avvenuta vaccinazione o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

Il ministro della Salute Roberto Speranza, al termine del Consiglio dei ministri, si è detto soddisfatto “per un decreto legge che mette la tutela della salute al primo posto. Vincere la battaglia sanitaria è la premessa per la vera ripartenza del Paese”. Inoltre ha spiegato che il governo ha già in mente di predisporre a breve una ulteriore protezione legale per il personale sanitario impegnato nell’emergenza.